Ho scritto questa breve guida per descrivere nel particolare i Sintetizzatori Modulari in formato EURORACK, denominato anche formato 3U (3 unità rack). Questi strumenti mi accompagnano nel mio percorso artistico/musicale e negli ultimi anni dominano il mercato degli strumenti musicali elettronici.
I Sintetizzatori Modulari, conosciuti anche come Synth, sono degli strumenti hardware che opportunamente interconnessi, permettono l'integrazione di più elementi di un sintetizzatore classico. Ogni modulo ha delle dimensioni standard ed è alloggiato in un case che ne fornisce anche l'alimentazione. Molti musicisti come tastieristi, chitarristi, percussionisti, sassofonisti ed altri, sono affascinati dalle varie potenzialità di queste macchine, compresa la possibilità di integrazione senza l’utilizzo di periferiche MIDI.
Questa guida è rivolta a tutti gli appassionati e i musicisti che vogliono avvicinarsi a questi strumenti elettronici, già utilizzati negli anni 70-80, ma che nell'ultimo ventennio hanno subito un'enorme evoluzione grazie alle nuove tecnologie a disposizione. Le versioni attualmente in commercio anche se hanno dimensioni decisamente molto più compatte, conservano spesso molte delle caratteristiche originarie fino ad essere dei cloni (repliche) di rinomati moduli ormai datati e fuori produzione.
Chi già utilizza i sintetizzatori classici non avrà difficoltà ad addentrarsi in questo vasto mondo con l’aiuto di alcune nozioni teoriche di base. Per chi è alle prime armi invece si consiglia, oltre alla lettura di questa guida, la pratica con lo strumento eventualmente utilizzando sintetizzatori classici che solitamente presentano gli elementi più importanti.
Data la quantità di moduli attualmente in commercio, risulta sempre più difficile la scelta per assemblare e personalizzare il proprio sistema. Ad oggi esistono più di 100 aziende che distribuiscono Moduli Eurorack, ognuno con differenti caratteristiche tecniche e sonore. L'approccio con ogni modulo è differente grazie all'uso di grafiche, a volte “alienanti” o a volte più raffinate, e a parametri che agevolano l'artista ad esprimersi in modi differenti.
Per conoscere tutti i moduli presenti sul mercato si può visitare il sito modulargrid.net dov'è anche possibile studiarne le caratteristiche e perfino incastrare, come nel gioco del Tetris, in un Cabinet i moduli al quale sei più interessato. Ognuno può realizzare il proprio sistema personalizzato per soddisfare le proprie esigenze, dato che da un punto di vista creativo non ci sono limitazioni in quanto possiamo trovare tutti gli elementi necessari: effetti, percussioni, equalizzatori, filtri, compressori, pre-amp ecc...
In un unico sistema Eurorack si possiedono tutti gli elementi per realizzazione di un brano musicale. E' possibile creare parti melodiche, corde, ambienti, bassi, batterie, voci e tantissime altre sonorità e ritmi che si possono combinare fra di loro grazie all’utilizzo del Control Voltage. Infine tutte le parti possono essere riprodotte da un solo strumento musicale: il Sintetizzatore Modulare Eurorack.
Questi sistemi pur avendo grandi potenzialità presentano alcuni limiti che possono essere superati dall’utente scegliendo soluzioni tecniche alternative. Ad esempio con questi sistemi non conviene realizzare la polifonia, poiché per creare un synth a 6 voci ci vorrebbero tanti elementi, tanti collegamenti (o “patch”) e dei moduli specifici, quando per ottenere un risultato migliore è sufficiente optare per un synth polifonico a tastiera. E' possibile realizzare la polifonia nei sistemi modulari? La risposta è si, ma in un modo alquanto “estremo”.
Scoprirete l’evoluzione che hanno avuto questi strumenti fino ad oggi, come progettarli, quali sono gli elementi più importanti, il tipo di case da scegliere e molto altro. Sarete finalmente in grado di avere un visione più chiara e allo stesso tempo concreta di queste macchine affascinanti e tentatrici.
A partire dagli anni sessanta negli studi della Columbia University Computer Music Center si studiava un modello di sintesi che potesse offrire ai musicisti un nuovo mezzo di manipolazione sonora utilizzando degli strumenti elettronici analogici. Tra questi Il Mark II Synthesizer, uno dei primi sintetizzatori che aveva queste caratteristiche e che, per una migliore elaborazione del suono, utilizzava sia la Sintesi Sottrattiva che la Sintesi Additiva.
Nello stesso periodo nascevano sia in ambito digitale che analogico sintetizzatori con struttura classica, modulare o semi-modulare. Possiamo ricordare tra questi il Melochord e l'Audio System Synthesizer di Harald Bode (collaboratore di Robert Moog per la realizzazione di sistemi modulari e altri strumenti elettronici).
Dagli anni 60 in poi, grazie alla collaborazione tra molti musicisti e ricercatori, i sintetizzatori diventavano dei veri e propri strumenti musicali in grado di generare infiniti suoni grazie alla manipolazione di svariati segnali elettrici. Le problematiche da affrontare all’epoca, riguardavano principalmente l’introduzione del controllo in tensione (CV) e il perfezionamento della tecnica di manipolazione del segnale in tempo reale favorendo il "modo" analogico. La ricerca per migliorare la velocità di risposta della manipolazione del segnale era prioritaria in quanto inizialmente era gestita dai computer dell’epoca che potevano impiegare anche ore per l'elaborazione. Si introduceva inoltre, per lo studio e il percorso dei vari segnali audio, la schematizzazione con blocchi funzionali standard.
Tuttavia la tecnologia progrediva e molti scienziati coglievano l'opportunità per creare strumenti musicali elettronici con un’elaborazione sonora sempre più sofisticata ed efficace. Chi già conosce il mondo dei sintetizzatori avrà sentito parlare di Donald Buchla e di Robert Moog, due pionieri dei sintetizzatori modulari e protagonisti dell'evoluzione della musica elettronica e concreta grazie alla realizzazione di strumenti innovativi e unici.
Entrambi fecero delle scelte diverse per la progettazione di queste macchine, da un lato gli studi di Buchla si concentravano su uno strumento per comporre un nuovo tipo di musica elettronica, mentre l’idea di Moog era realizzare uno strumento alla portata di qualsiasi musicista, anche senza molte conoscenze tecniche specifiche. Ma ad ogni modo entrambi consideravano il controllo in tensione analogico (CV), di fondamentale importanza per poter automatizzare il movimento dei parametri sullo strumento.
Buchla fu affiancato dal musicista Morton Subotnick che lo aiutò nella realizzazione dei primi sistemi modulari come il Buchla Music Box, o Buchla System 100 (utilizzato per realizzare l'album "Silver Apples of the Moon" di Subotnick del 1967), composto da 25 moduli controllabili in tempo reale. Successivamente Buchla si distinse per la realizzazione di superfici di controllo, per sostituire le tastiere tradizionali, realizzate con delle piastre sensibili al tocco e in seguito anche alla pressione, che vennero per la prima volta presentate con il Buchla Model 400 (1982). Più avanti continuò a realizzare sistemi modulari e sistemi più portatili come il Music Easel continuando ad offrire ai musicisti uno strumento con un approccio meno canonico e più sperimentale.
Donald Buchla venne a mancare all'età di 79 anni tuttavia una nuova azienda chiamata Buchla U.S.A oggi si prende cura di produrre i suoi prodotti più rinomati come la serie 200e.
Moog a differenza di Buchla si concentrò invece nella realizzazione di uno strumento musicale elettronico a tastiera tradizionale, che poteva essere utilizzato in un brano come un classico strumento acustico.
Egli condusse degli esperimenti nel suo laboratorio mettendo a disposizione a vari musicisti una serie di elementi per la generazione timbrica di un suono. Si rese conto che molti di loro utilizzavano solo alcuni degli elementi presenti all'interno dell'enorme sintetizzatore, maturando così l'idea di realizzare un Synth portatile con una tastiera tradizionale ma che sfruttava la sintesi analogica per creare i vari timbri sonori. Dopo gli esperimenti con CEMS e Moog Modular (utilizzato da Keith Emerson e dai Beatles nell'album “Abbey Road”) nacque il primo sintetizzatore analogico portatile più famoso nella storia: il Minimoog.
Tutt'oggi Moog Music vanta di tantissimi strumenti di alto profilo e rimane tra i migliori produttori di sintetizzatori al mondo.
C'è da considerare che i suddetti marchi adottano due differenti tipologie di approccio al sintetizzatore: West Coast e East Coast.
La sintesi dell'East Coast, che si basa su un tipo di Sintesi Sottrattiva, caratterizza i Synth Moog e la maggior parte degli strumenti elettronici. Questo modello di sintesi utilizza uno o più oscillatori generando un segnale ricco di armoniche che viene filtrato, sottraendo appunto bande di frequenza. Il segnale passa da un VCA (o amplificatore) a sua volta controllato in tensione da un Generatore di Inviluppo (Envelope Generator).
Possiamo dunque già distinguere alcuni degli elementi più importanti di un sintetizzatore: VCO (Voltage Control Oscillator) ; VCF (Voltage Control Filter); VCA (Voltage Control Amplifier) ; EG (Envelope Generator).
Con l’approccio West Coast, utilizzato da Buchla, si lavora con la Sintesi Additiva e la Modulazione in Frequenza (FM). Si ha inoltre la possibilità di un maggiore controllo dei parametri grazie a più ingressi Control Voltage (CV). Inoltre si utilizzano degli inviluppi complessi per gestire gli amplificatori e il classico filtro viene sostituito dai circuiti di Lowpass Gate (LPG) del quale parleremo in seguito.
Nei sistemi modulari in formato Eurorack troviamo tantissimi elementi con le due tipologie di sintesi che possiamo integrare con risultati ancora più interessanti. Oggi in commercio ci sono nuovi sintetizzatori all'avanguardia come per esempio il Make Noise 0-Coast che, come si evince dal suo nome, non si ispira a nessun tipo dei due approcci, e il SOMA Laboratory Lyra-8 strutturato con 8 oscillatori analogici auto-modulanti in FM oltre a Delay e circuiti di distorsione dedicati.
Nello stesso periodo in cui Moog e Buchla studiavano, progettavano e accrescevano il loro business, alcuni marchi meno conosciuti producevano sintetizzatori modulari e semi-modulari. Tra questi la Electronic Music Studios che lanciò sul mercato il VCS-3, il primo sintetizzatore semi-modulare in Europa (utilizzato nell'album The Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd). Il VCS-3 non utilizzava dei cavi per le connessioni ma implementava un sistema a matrice per connettere i vari elementi, come giocare a battaglia navale con uno strumento proveniente dal futuro.
Anche Serge, che arrivò qualche anno dopo, propose dei moduli meno costosi dei Buchla ma che adottavano una sua filosofia a volte ritenuta più creativa e inusuale. Tali moduli sono ancora in produzione e acquistabili sul sito ufficiale.
Con l'evoluzione della tecnologia ci fu spazio anche per lo sviluppo di sintetizzatori digitali ma c'era ancora chi prediligeva le macchine analogiche. Agli inizi degli anni 90 Dieter Doepfer, già conosciuto sul mercato per la produzione di tastiere MIDI, diede vita al sistema A-100, un sistema modulare composto da un case/cabinet con delle misure standard.
I moduli Doepfer erano delle repliche di alcuni dei famosi moduli Moog, si differenziavano nella dimensione del formato e nelle connessioni realizzate tramite cavi mini-jack sbilanciati. La grande novità era la dimensione e la flessibilità, poiché fino a qualche anno prima non esistevano sistemi modulari personalizzabili e soprattutto portatili. Di conseguenza nacquero marchi che realizzavano dei moduli con funzioni e caratteristiche diverse ma che potevano essere alloggiati nei case 3U fruendo della stessa alimentazione.
Livewire e Plan B sono stati di esempio per i Brands odierni contribuendo per primi a mantenere le caratteristiche del formato lanciato da Doepfer. Nasceva la compatibilità e integrazione tra i diversi brands grazie allo stesso sistema di alimentazione e all’utilizzo di segnali che non superano i 10Volt in D.C. o e i 10 Volt p.p. in A.C.
Nello standard Eurorack i segnali di controllo e i segnali audio non sono differenziati ed è importante sapere come trattarli per poter gestire nel miglior modo lo strumento.
Da tenere in considerazione è la possibilità ovviamente di controllare il sistema tramite periferiche MIDI grazie a dei moduli di interfaccia MIDI to CV sincronizzando lo strumento ad una Daw o un synth esterno.
Negli anni successivi nuovi marchi hanno investito in queste apparecchiature ridefinendo l’utilizzo e l’approccio alle sintesi modulare. Make Noise, Intellijel, Mutable Instruments, Verbos Electronics, Noise Engineering, Addac System, Xaoc Devices , Erica Synths, 4MS Company, Tiptop Audio sono solo alcuni dei più importanti che realizzano prodotti innovativi per soddisfare le esigenze di molti utenti.
Oltre ai classici elementi come VCO, VCF, VCA, ecc. oggi sul mercato sono disponibili: moduli hardware con controlli digitali come sequencers; oscillatori di tipo wavetable; batterie analogiche o cloni di vecchie Drum-Machine (come le classiche Roland 909-808 ecc..).
Alcuni Brands propongono case/cabinet o valigie portatili di vario tipo e dimensione; un esempio sono i case Frap Tools (un marchio italiano ideato da Simone Fabbri) che ha realizzato per la prima volta un cabinet Eurorack con una struttura molto simile a quella di Buchla, o la MDLR Case che si è specializzata nella produzione di case portatili.
Senza particolari conoscenze tecniche è possibile realizzare case, cabinet o valigie con un design personalizzato, utilizzando PSU (alimentazione) in DIY Kits o moduli di alimentazione reperibili sul mercato. Dal 2010 in poi la produzione di questi strumenti ha avuto una crescita esponenziale e la proposta di prodotti compatibili da parte di marchi più famosi come Dave Smith, Strymon, Moog, Arturia, Behringer, Eventide e altri, lo conferma.
I Sistemi Eurorack dunque sono strumenti elettronici estremamente personalizzabili che soddisfano le esigenze di ogni artista proprio per la loro compatibilità e flessibilità, ma la grande quantità di moduli in commercio e l’ampio margine di scelta induce a volte ad un acquisto non proprio vantaggioso. Quindi fare delle scelte mirate, in funzione dello strumento che si vuole realizzare, non è così semplice se non si hanno delle buone conoscenze tecniche sulla sintesi sonora e sulle caratteristiche specifiche di ogni modulo.
Possiamo stabilire che un sistema modulare eurorack deve essere composto da un case che fornisce l’alimentazione, uno o più moduli e dei cavi mini jack mono 3,5mm per effettuare i collegamenti.
Bisognerà stabilire in primo luogo se il sistema dovrà essere portatile inoltre è molto importante decidere quali saranno le dimensioni del case prima di cimentarsi nella scelta dei moduli da inserire all’interno.
L'altezza dei moduli corrisponde a 3 unità rack (chiamata anche 3U) mentre la lunghezza è misurata in HP. La misura più comunemente utilizzata è di 84HP cioè 84 fori sul RAILS (barra forata) che serviranno ad avvitare le viti, agganciando così i moduli. Oggi il mercato offre case con lunghezze differenti per permettere al musicista di personalizzare il proprio sistema. Inoltre i cabinet forniscono un'alimentazione a +/-12V e 5V che si distribuisce su delle barre dette Bus Board, che somigliano a delle multiprese, al quale possiamo collegare i nostri moduli tramite il suo Flight Cable.
Bisogna prestare attenzione a collegare i moduli sulla bus board in modo corretto seguendo il -12V indicato da una linea rossa presente sul Flying Bus Cable. C’è da considerare che ogni case fornisce un'alimentazione in mA (milliampere) ed un voltaggio di +/-12V e 5V. Ogni modulo a seconda delle caratteristiche tecniche assorbirà più o meno corrente (A), questo assorbimento non deve essere superiore alle capacità del case. Facendo un esempio teorico: se dobbiamo alimentare dei moduli che assorbono un totale di 1000 mA, un case dovrà avere un alimentazione che fornisce almeno 1200 mA altrimenti potrebbe non accendersi o attivare il circuito di protezione, se predisposto.
Bisognerà poi stabilire la dimensione in altezza (3U,6U,9U ecc.) e in lunghezza (84HP,104HP,124HP,168HP..) prendendo in considerazione la portabilità. Se vogliamo viaggiare in aereo saremo costretti a scegliere delle dimensioni ridotte in modo da rientrare nelle misure stabilite dalla compagnia aerea. Se invece non abbiamo questo tipo di necessità possiamo optare nella scelta di un case di qualsiasi dimensione risparmiando qualcosa. Il mercato offre differenti tipologie ad esempio Doepfer realizza sia case "low cost" da studio ma anche cabinet portatili, con un coperchio per salvaguardare i moduli e le connessioni effettuate, molto robusti paragonabili ai classici flight case usati sui grandi palchi.
Intellijel e Make Noise propongono invece delle valigie con maniglia e un design più accattivante oltre all’aggiunta di una ROW da 1 unità rack per l'implementazione di moduli 1U entrati nel mercato da pochi anni. Altri marchi come Arturia, Tiptop Audio e Berhinger hanno realizzato cabinet che grazie all’utilizzo di una Bag (zaino o valigia) possono essere protetti e trasportati. Esistono poi dei case soprannominati “Skiff” che si differenziano per la presenza di un solo row (da 84 o 104HP) e la possibilità di posizionarsi in modo orizzontale al piano di appoggio.
In alternativa potrete prendere in considerazione di costruire un case o una valigia sfruttando i moduli di alimentazione tipo Tiptop Audio uZeus o 4ms Row Power che andranno posizionati sul Rails e che grazie a un Flyng Bus Cable (in sostituzione della bus board) forniranno alimentazione agli altri moduli alloggiati al suo interno. Per chi è appassionato per l'home-made e possiede una buona manualità non resta che provarci! Per chi non lo fosse, consiglio l’acquisto di un cabinet pre-assemblato.
Una volta stabilito dove inserire i moduli si inizierà a valutare quali sono le possibilità che offrirà il sistema. Non esiste un limite di moduli che potete inserire in un case (il limite dipende dalle dimensioni e dalla alimentazione), se volete 10 oscillatori uguali per generare dei droni potrete farlo. Grazie all’innovazione e alle idee di molti marchi oggi possiamo adoperare un sistema per processare uno strumento acustico, oppure per campionare dei suoni in tempo reale. Ogni musicista quindi è libero di personalizzarlo nel modo più adatto per soddisfare le proprie esigenze. Non ci sono regole su quali elementi inserire ma se si vorrà sfruttare tutte le potenzialità dello strumento bisognerà approfondire alcuni aspetti della sintesi.
Analizziamo come e da cosa è costituito un sintetizzatore a struttura integrata prendendo in considerazione il Moog Model D, uno dei sintetizzatori monofonici più apprezzati e conosciuti. Se lo studiamo nel dettaglio scopriremo che è composto da alcuni elementi: KEYBOARD, OSCILLATOR BANK, MIXER, FILTER, MODIFIERS, OUTPUT, LFO.
Questi sono già connessi tra di loro internamente seguendo dei percorsi prestabiliti. Avremo un percorso del segnale audio e uno per i segnali di controllo come nella figura sottostante.
Come possiamo intuire guardando l'immagine il suono viene generato da 3 oscillatori analogici che dispongono di varie forme d’onda selezionabili a discrezione del musicista. I tre oscillatori vengono inviati a un mixer su dei canali separati così da poter gestire il volume di ognuno. In aggiunta sul mixer possiamo trovare un controllo di volume per la generazione di Noise, utile per creare parti percussive o per ”arricchire” il suono. La somma viene inviata in un filtro transistor ladder LP (passa-basso) con risonanza e infine in un VCA (voltage control amplifier) per la gestione della lunghezza di ogni singola nota. Il tutto esce sul connettore Jack OUT. Così termina la catena del segnale audio.
I segnali di controllo invece non hanno un percorso lineare e per questo è più difficile comprenderne il funzionamento. Teniamo a mente però che i segnali di controllo non possono processare o generare un suono ma solo i controlli!
In primo luogo possiamo definire come funziona una tastiera classica. Ogni qual volta premiamo un tasto pensiamo a “quando premerlo” e “quale premere”. Queste due informazioni vengono generate anche dalla tastiera come 2 segnali di controllo:
1) PITCH: la tastiera invia una tensione di controllo all’oscillatore per comunicare quale note deve eseguire
2) GATE: la tastiera invia una tensione di controllo all’inviluppo che a sua volta controllerà il VCA per gestire la lunghezza di ogni singola nota
L’Envelope Generator (inviluppo) genera una tensione solo quando riceve l’impulso di GATE e dispone di 4 parametri (ADSR) per la gestione dei tempi (Attack, Decay, Sustain, Release). E’ connesso al VCA e permette di controllarlo per far passare o meno una certa quantità di suono proveniente dal filtro. Nel Moog è presente un secondo inviluppo, anch’esso innescato dal GATE, che controlla il parametro Cut-Off (frequenza di taglio) del filtro passa-basso.
Infine troviamo l’LFO (low frequency oscillator) un oscillatore in banda sub audio che non raggiunge le frequenze udibili all’orecchio umano. Viene utilizzato per variare nel tempo dei parametri presenti sul Synth. Nel Moog l’LFO genera una sinusoide e può agire come modulante per variare l’intonazione degli oscillatori o la frequenza di taglio del filtro.
Se si comprende come è strutturato il Minimoog e come avvengono le connessioni al suo interno (anche tralasciando alcune funzioni avanzate) possiamo stabilire quali sono gli elementi principali che compongono un Sintetizzatore:
VCO Voltage Control Oscillator
Mixer
VCF Voltage Control Filter
VCA Voltage Control Amplifier
LFO Low Frequency Oscillator
Keyboard/Sequencer
Questi elementi sono il minimo indispensabile per iniziare con un sistema modulare eurorack tradizionale. Analizziamoli più nel dettaglio:
VCO: l’oscillatore è la SORGENTE SONORA, il primo elemento della catena audio! Proprio per questo motivo è importante sceglierlo in base a dei gusti sonori personali. E’ necessario verificare quali forme d’onda mette a disposizione, se è analogico o digitale e se ha delle caratteristiche uniche nel suo genere. Senza dubbio è un elemento importante da scegliere con attenzione.
Mixer: il mixer è assolutamente importante quando si possiedono più VCO o forme d’onda da miscelare. Avendo un sistema più completo diventa necessario.
VCF: il filtro è un elemento quasi indispensabile soprattutto quando si lavora in sintesi sottrattiva. La scelta varia in funzione delle sue caratteristiche sonore e di funzionamento. Ci sono filtri che incorporano più modalità di utilizzo: low-pass, high-pass, band-pass e notch. Si possono scegliere ad esempio filtri classici in stile Moog (transistor ladder), Oberheim (SEM) oppure optare per qualcosa di nuovo e differente. Ne esistono di diversi, il mio consiglio è sempre di ascoltarli poiché possono generare armoniche e suoni differenti per effetto della risonanza e della pendenza.
VCA: l'amplificatore gestisce il volume del segnale audio in arrivo dal filtro. Senza di esso è difficile “scolpire” l’andamento in ampiezza di una nota. Esistono dei VCA (detti anche lo-pass gate) in puro stile Buchla che si distinguono per l'utilizzo del Vactrol (componente elettronico). E’ importante tenere in considerazione che l’inviluppo potrebbe essere necessario per controllarlo.
LFO: l'oscillatore a bassa frequenza come abbiamo anticipato si occupa delle modulazioni e genera diversi tipi di forme d’onda a seconda delle caratteristiche imposte dal costruttore. Ci sono degli LFO che possono ricevere dei segnali di Reset o di Sync per garantire un andamento sincronizzato alla vostra “patch”.
Keyboard/Sequencer: Sequencer e Keyboard sono elementi fondamentali per la gestione dell’intonazione dello strumento. Essi si occupano di inviare i segnali di Pitch e Gate e quindi di rendere lo strumento più adoperabile dai musicisti. Le tastiere hanno quasi sempre le stesse caratteristiche mentre i sequencer possono avere funzioni più articolate per sperimentare e rendere a mio parere tutto più divertente.
Gli elementi del Sistema Eurorack descritto saranno collegati tra di loro tramite i patchcables in questo modo (vedi figura):
Il VCO (Make Noise DPO) genera la forma d'onda che viene prelevata ed inviata ad un filtro (Intellijel Morgasmatron). Quest'ultimo viene inviato all'ingresso VCA (Make Noise Optomix) e poi ull'uscita finale dove vogliamo ascoltare il suono. Nel'immagine possiamo notare che prima di entrare nel mixer di uscita finale il segnale passa da un riverbero/delay (M.I. Clouds). Terminato il percorso audio si passa ai segnali di controllo. Il sequencer (Intellijel Metropolis) invia un segnale di Pitch all'ingresso 1V/oct dell'oscillatore utilizzato; il segnale di Gate invece viene inviato all'ingresso di Gate dell'Inviluppo (Intellijel Quadrax). L'Inviluppo entrerà nell'ingresso CV (Control Voltage) del VCA per controllare l'andamento in ampiezza della nota. Per il momento è escluso l'LFO dalla catena.
Questa "patch" è molto basilare, utile per comprendere il funzionamento. Se avete un sistema eurorack o la possibilità di provarlo con le vostre mani probabilmente vi renderete subito conto che il suono generato da queste macchine vi lascerà a bocca aperta.
Su questa guida sono descritte solo alcune delle potenzialità e caratteristiche dei moduli Eurorack. Se vuoi approfondire l’argomento o hai semplicemente delle domande su questi fantastici strumenti non ti resta che contattarmi ( dr@davidericci.it ) per un confronto e per scoprire nel dettaglio il loro funzionamento.
Ciao! :)
Davide Ricci
13/01/2022